La lunga fuga

Storia di Aqela

Aqela, ventinove anni, ci aspetta in strada. Cappotto nero, gonna lunga nera, sciarpa nera che lascia scoperti solo meravigliosi occhi blu. La seguiamo a piedi in una stradina troppo stretta e ripida per le auto. Oltrepassato un cancello e due piccoli cortili, ci infiliamo in una stanza. È cupa, in terra la moquette rossa consumata. Un soppalco permette a malapena di stare in piedi, l’unica finestrella è nascosta dalle tende. Una luce al neon rende più tristi i volti e il suo racconto.

 

 

È stata costretta a sposarsi ancora bambina con un uomo più anziano, tossicodipendente e violento. È rimasta incinta del primo figlio a dodici anni, ha partorito a tredici. Altri due bambini li ha persi, morti prima di nascere.

È andata a scuola fino alla quarta elementare, ma studiando da sola è riuscita a prendere il diploma che le ha consentito di essere ammessa all’accademia di polizia e poi assunta dalle forze speciali afghane. Il marito non voleva che lavorasse, le ha ordinato di smettere. Aqela però doveva mantenere i figli e il suo lavoro le piaceva.

Un giorno lui l’ha picchiata brutalmente, tanto che è finita in ospedale con il naso rotto. Tira fuori delle foto che lo provano. I figli che le siedono accanto sul pavimento si irrigidiscono, la maggiore, sedici anni, afferra le foto e le nasconde.

 

Subivo le violenze di mio marito senza reagire, per evitare che se la prendesse anche con i bambini. Quando mi ha rotto il naso e le ossa della faccia ho capito che avrebbe finito per uccidermi e nessuno avrebbe più difeso i miei figli. Allora l’ho denunciato e ho chiesto il divorzio.

 

Lui è scappato in Iran per non essere arrestato. Aqela temeva che tornasse e si vendicasse della denuncia, così si è nascosta, ha cambiato casa, quartiere, ha smesso di lavorare e di mandare i figli a scuola.

Dopo due anni di latitanza il marito è tornato. Si è presentato dalla famiglia di Aqela, chiedendo dove fosse. Loro non gliel’hanno detto. Allora li ha uccisi. Ha ucciso il padre e il fratello, la madre è rimasta ferita ma è sopravvissuta. A quel punto è stato arrestato. Quando i talebani sono saliti al potere, però, hanno liberato tutti i detenuti e lui, tornato in libertà, ha ricominciato a braccarla.

Aqela era disperata e ridotta alla fame quando ha incontrato NOVE.

Le abbiamo dato un posto sicuro dove stare, cibo e tutto il necessario. Aqela è riuscita ad arrivare in Pakistan con tutti i figli. Anche lì però era in pericolo, il marito poteva raggiungerla. Grazie a uno degli ultimi corridoi umanitari organizzati è riuscita a prendere un volo grazie al quale Aqela ha raggiunto l’Italia. Ora vive a Bari con i figli.

Finalmente è al sicuro.

 

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